Gaetano Donizetti
(1797-1848)
Il furioso all'isola di San Domingo
Melodramma in 2 Atti di Jacopo Ferretti, è stato eseguito a Roma (Teatro Valle) il 2 gennaio del 1833
PersonaggiCardenio (Baritono); Eleonora, sua sposa (Soprano); Fernando, fratello di Cardenio (Tenore); Bartolomeo, contadino (Basso); Marcella, figlia di Bartolomeo (Soprano); Kaidamà, moretto (Basso); coloni, marinai
ATTO PRIMO
Spiaggia di mare da un lato. Dall'altra parte folta boscaglia,
e rupi erte ed altissime. Scogli sul lido. Il cielo è oscuro,
tuona sordamente, e lampeggia. Varii cespugli ed alberi:
capanne sparse qua e là. Rozza panca innanzi ad una capanna.
Scena prima
Marcella dalla sua capanna con paniere: indi dalla medesima
Bartolomeo con frustino in mano.
MARCELLA
Freme il mar, lontan lontano
mormorar il tuon si sente.
La tempesta, certamente,
a scoppiar non tarderà.
Chi sa dove il delirante
va sforzando il passo errante!
Ah, il furor dell'oragàno
sulla rupe il coglierà!
Sventurato! Il cibo usato
qui ritrovi al cespo in seno.
Ah! vorrei parlargli almeno!
Giovin! Bello!
BARTOLOMEO
Che fai là?
MARCELLA
Guardo il tempo.
BARTOLOMEO
No, signora
a cercar vien sempre fuora
il Furioso.
MARCELLA
Qual sospetto!
BARTOLOMEO
Me l'ha detto Kaidamà.
Qui cos'hai?
MARCELLA
Nulla.
BARTOLOMEO
Davvero
contrabbando qui v'è sotto.
Pane!... Datteri!... Biscotto!...
(osservando nel paniere)
Mezzo pollo!...
MARCELLA
Fu pietà.
BARTOLOMEO
So per chi. Sempre pietose
fur le femmine pei matti.
Non l'intendo; e a tutti i patti
questo imbroglio finirà.
Coi capelli dritti in fronte,
mezzo scalzo, disperato,
si precipita dal monte,
di baston, di sassi armato;
e se incontra una persona,
la perseguita, l'abbranca,
pesta, lapida, bastona,
sì la negra che la bianca;
ed io devo alimentarlo,
anzi quasi ringraziarlo!
Questa pillola, figliuola,
nella gola non mi va.
MARCELLA
Voi leggete in quella fronte
come il misero è straziato?
Ramingando al bosco, al monte,
va da tutti abbandonato.
Voi dovete ritrovarlo,
dal pericolo salvarlo.
V'affrettate! Il tempo vola!
Soccorretelo, papà.
BARTOLOMEO
Ma già l'ordine ha il padrone
perché venga imprigionato.
MARCELLA
Infelice!
BARTOLOMEO
(Ha pur ragione!)
Ed ai pazzi sia mandato.
MARCELLA
Cor di tigre!
Scena seconda
Kaidamà dall'alto della rupe di dentro, indi in iscena.
Escono alle sue grida molti coloni dalle capanne.
KAIDAMÀ
Aita, aita!
MARCELLA
Ciel!
CORO
Quai grida?
BARTOLOMEO
E Kaidamà.
(andando verso le falde della rupe)
KAIDAMÀ
(scende precipitoso dall'alto; e, giunto sull'innanzi del teatro
si gitta affannato a sedere in terra; ma alla vista del frustino,
sollevato in aria da Bartolomeo, salta in piedi)
Per obbedirvi rapido...
ecco la storia mia.
Scelsi la via brevissima
verso la fattoria.
Correa per quello sdrucciolo
forte la gamba e lesta,
quando improvviso... punfete!
mi casca un pugno in testa.
Fermo, gridavo, e replica
piff, paff il pugno a un tratto;
bombe parean che sparano.
Mi volto...
CORO e BARTOLOMEO
Ed era?
KAIDAMÀ
Il matto.
CORO
Ah! ah!
KAIDAMÀ
Non v'è da ridere.
Triplice fu la botta.
Traverso al corpo afferrami
strillando: l'hai sedotta?
Empio! Delle mie lagrime
ti vieni a prender spasso?
Dice: le braccia s'aprono,
fa rotolarmi a basso.
M'alzo ammaccato e livido,
m'arrampico carpone,
e vedo il matto stringere
maiuscolo bastone,
e a lunghi passi correre
per ripiombar su me.
Eroe mi fa il pericolo,
mi raccomando ai piè.
Ma in dubbio ancor sto d'essere
il quondam Kaidamà...
Scannatelo, ammazzatelo,
o il matto mela fa.
MARCELLA
Quanto più infuria il misero,
più degno è di pietà.
BARTOLOMEO
Ad esser più sollecito
così t'imparerà.
CORO
I sassi ancor fai ridere,
ah! ah! ah! ah! ah! ah!
BARTOLOMEO
(a Kaidamà)
Verso la fattoria
tornar bisogna.
KAIDAMÀ
E il matto?
BARTOLOMEO
(agitando il frustino)
Mira il frustin.
KAIDAMÀ
Vo via...
Scena terza
Mentre Kaidamà s'incammina verso la rupe
s'ode la voce di Cardenio; indi comparisce lentamente
scendendo in vesti lacere, capelli scomposti, pallido, ecc.
CARDENIO
Raggio d'amore...
KAIDAMÀ
È là!
(retrocedendo impaurito)
CARDENIO
Raggio d'amor parea
nel primo april degli anni,
ma quanto bella, rea
maestra era d'inganni.
Sul volto avea le rose,
le spine ascose in cor.
Vieni: l'antico amore
m'arde le fibre, ingrata!
Vieni, e mi svena il core,
tiranna idolatrata.
BARTOLOMEO e MARCELLA
(sottovoce)
Piango a quel pianto, e palpito.
CORO
(fra loro)
Eppur ci forza a piangere.
KAIDAMÀ
Ohimè! son paralitico.
CARDENIO
< Così morrei d'amor! >
BARTOLOMEO
Ei viene...
KAIDAMÀ
Ei viene? Io parto.
BARTOLOMEO
Resta.
MARCELLA
Pietà non desta?
BARTOLOMEO
Sì: ma vediamo.
CORO
È astratto.
KAIDAMÀ
È matto.
BARTOLOMEO, KAIDAMÀ e MARCELLA
Che farà?
Cardenio dalla punta d'uno scoglio misura un salto
nel mare.
CARDENIO
Meglio è finirla.
MARCELLA e BARTOLOMEO
Ah! fermati.
KAIDAMÀ
Lascialo far.
CORO
Corriamo.
CARDENIO
Donne qui ancor!... Fuggiamo.
(veduta Marcella è preso da convulsione,
e va via per la rupe)
Qui tutto è crudeltà.
MARCELLA, BARTOLOMEO e CORO
A quello squallido
ferale aspetto
un gelo, un tremito
mi scese in petto:
il cor mi straziano
orror, pietà.
Chi del fremente
nembo crescente
nell'ira orribile
fra l'ombre cupe
su quella rupe
salir potrà?
KAIDAMÀ
Tremano, tremano,
piegansi entrambe
queste magrissime
povere gambe;
ma il piede immobile
s'inchioda qua.
Ma dove correre?
Come salvarmi?
Sempre in pericolo
posso trovarmi;
di qua sta il matto,
la frusta è là.
BARTOLOMEO
Lascia al solito cespo il tuo paniere;
la pietà non è colpa. Io sulla rupe
m'azzarderò per ritrovarlo: al pianto
m'ha forzato il suo canto.
MARCELLA
Oh! come vi son grata!
KAIDAMÀ
(Questo è il punto di far la ritirata!)
Marcella si ritira nella capanna; ma è preceduta da
Kaidamà che spiava il momento di non essere osservato.
BARTOLOMEO
Ai lavori. Obbedite.
E Kaidamà? Sparì?
Era pur qui! Chi sa? Forse galoppa
verso la fattoria.
(i coloni rientrano nella capanna)
Del frustin la magia
fa svaporar talvolta la paura.
Ma fra quest'aria scura
come il posso cercar? Forse ai suoi gridi
ritrovarlo potrò; pietà mi guidi.
Corre su per la rupe.
Scena quarta
La tempesta va sempre crescendo; una nave mercantile
passa nel fondo del mare battuta furiosamente dall'onde.
I marinai cercano d'ammainare le vele. Kaidamà esce
guardingo; indi Marcella, dopo i contadini.
KAIDAMÀ
Che fu? Non so. Vado; il matto? Resto,
e se il frustin di botto...
Marcella esce in punta di piedi, e prendendo inosservata
Kaidamà per un orecchio.
MARCELLA
Birbante! Ti nascondi? Ora di trotto
corri alla fattoria.
KAIDAMÀ
Povero orecchio!
MARCELLA
Impara a far la spia.
Cammina.
KAIDAMÀ
E non vedete come è in collera il mar?
MARCELLA
Mio padre ha fretta.
KAIDAMÀ
E se incontro per strada una saetta,
e mi ferma, e m'abbruccia, la risposta
chi ve la porterà?
Agitata dalla burrasca ricomparisce la nave.
MARCELLA
Guarda... una nave...
KAIDAMÀ
Guardo.
MARCELLA
Se mai la spezzala tempesta?
KAIDAMÀ
Allor sana non resta.
MARCELLA
Sventura!
Se mai cadono in mar?
KAIDAMÀ
Si azzupperanno,
e a viaggiar per terra impareranno.
Di dentro la nave si grida.
VOCI
Soccorso!... aiuto!
MARCELLA
Aiuto!
KAIDAMÀ
Vado io... farò io.
MARCELLA
Sì.
Dalla nave si spara una cannonata,
e Kaidamà cade in terra.
KAIDAMÀ
Son perduto.
CORO, KAIDAMÀ e MARCELLA
(uscendo dalle capanne e aggruppandosi i Coloni
verso il mare)
Ahi, sciagura! Spumante s'incalza
gonfio il flutto, e rimbalza sul lito;
e del vento il severo ruggito,
si confonde col mugghio del mar!
Ciel, pietà! Già la nave è spezzata!
Già sparisce dall'onde ingoiata!
Or che fino è perduta la speme,
cielo e mar s'incomincia a placar!
(nel tempo di questo Coro, la nave spezzasi;
è sommersa; ne passano i frammenti, e fra questi
varie persone pericolanti. Eleonora viene gettata
fuori da un'onda; mentre tutti si sono allontanati
dalla sponda. La procella si calma)
Scena quinta
Eleonora svenuta e detti.
KAIDAMÀ
Era indigesto il mar. Guarda che imbrogli
teneva nello stomaco!... Cospetto!
(andando pian piano verso Eleonora)
È femmina, mi pare,
o donna almen. Non le vuol manco il mare!
MARCELLA
Oh! come è cara!
Marcella ed i coloni alzano Eleonora e la conducono
sovra un sasso. Kaidamà, nel cavo della mano raccoglie
dell'acqua, e gliela spruzza nel viso.
KAIDAMÀ
Bell'animaletto!
MARCELLA
Soccorriamola.
KAIDAMÀ
Sì: ci vuol dell'acqua.
Lasciate fare a me. So quel che dico.
In questi casi è il gran rimedio antico.
ELEONORA
(scuotendosi, aprendo gli occhi, e spaventandosi di
Kaidamà)
Misera! Dove son! Forse piombai
giù negli abissi?
KAIDAMÀ
Cosa ha detto?
MARCELLA
Vedi?
Ti crede Satanasso.
KAIDAMÀ
Bell'incontro!
MARCELLA
Fate cuor: siete viva.
ELEONORA
Io viva? Oh, affanno!
KAIDAMÀ
E non ci avete gusto?
ELEONORA
(guardando di nuovo Kaidamà, e gridando spaventata)
Ah!
MARCELLA
Tu le dai timor. Va' via. Va' via.
KAIDAMÀ
Che bell'effetto di fisonomia!
MARCELLA
Su, coraggio, signora.
ELEONORA
Oh! eccesso di tormento! Io vivo ancora!
Ah! lasciatemi, tiranni!
Troppi affanni io sento insieme!
Morte voglio. A un cor che geme
è crudele la pietà.
MARCELLA, KAIDAMÀ e CORO
Là fra i vortici dell'onde
s'è sconvolto il suo cervello;
ogni idea le si confonde;
ragionar, parlar, non sa.
ELEONORA
Vedea languir quel misero
dell'età sua nel fiore;
io l'ingannava, ahi, perfida!
e gli giuravo amore.
Piangeva alle sue lagrime
qual tortora fedele,
e con la man crudele
poi gli squarciavo il cor.
Fuggì. L'amai. Terribile
amor mi sorse in petto.
Ardo d'un tardo affetto;
è mio supplizio amor.
MARCELLA
Chi può frenar le lagrime?
CORO
Quel pianto strazia il cor.
KAIDAMÀ
Così per farci piangere
v'è un'altra matta ancor.
ELEONORA
No, non piangete
ai miei lamenti:
goder dovete
de' miei tormenti:
degli astri merito
la crudeltà.
E intanto il misero
nelle sue pene
pietosa lagrima
non troverà!
MARCELLA e CORO
Consolatevi, sperate:
il destin si cangierà.
KAIDAMÀ
Se voi sempre sospirate,
presto il fiato vi uscirà.
Scena sesta
Bartolomeo scendendo dalla rupe e detti.
MARCELLA
Grondan le vostre vesti, o mia signora,
d'onda marina: nella mia capanna,
se onorarla volete,
sul momento potrete
le mie vesti indossar da contadina.
KAIDAMÀ
Non andar per le poste, padroncina.
Senti prima il papà; sai che talora
somiglia a un temporale.
ELEONORA
Il padre vostro
irritar non dovete.
MARCELLA
Il padre mio
è d'un ottimo cor.
KAIDAMÀ
Convengo anch'io;
ma qualche volta poi pare...
BARTOLOMEO
Che pare?
KAIDAMÀ
Una canna di zucchero,
un mazzolin di fiori...
umilissimo servo a lor signori.
(corre nella capanna)
BARTOLOMEO
Chi è questa donna?
MARCELLA
Un'infelice vittima
del recente naufragio.
BARTOLOMEO
E che tardate?
Sacro il misero è sempre. Entrate, entrate.
ELEONORA
Ah! vacillo... non reggo,
le stanche membra...
BARTOLOMEO
Fate cor.
MARCELLA
Il braccio
appoggiate sul mio.
BARTOLOMEO
Coraggio.
MARCELLA
Al fine
l'aspetto suo crudel potrà la sorte
per voi cangiar.
ELEONORA
(entra con Marcella)
Lo cangierà la morte.
BARTOLOMEO
Sulle rupi il Furioso non trovai.
Ma, per nuova fortuna, e inaspettata,
ritrovo in casa un'altra disperata!
(entra)
Scena settima
Cardenio appoggiato ad un nodoso bastone entrando
in iscena dalle falde della rupe; indi Kaidamà dalla capanna.
CARDENIO
Tutto è velen per me! Per me sconvolto
è l'ordin di natura! Aprile istesso
sol fecondo è di spine! Amare l'erbe,
(gitta il bastone, ed intreccia desolato le mani)
amarissimi i pomi. Ardente vampa
l'aura spira per me. L'onda del rivo
mi par liquido fuoco... E io vivo? Io vivo
per vendicarmi... sì... perfida! E come
tanto bella, e perché? No, quei begli occhi
sospettar non faceano un cor tiranno.
Fatal, tremendo inganno!
Ma di': perché tradirmi, Eleonora?
Va', spietata, va'... No, no: t'amo ancora!
M'ami ancor tu?... Ti veggo... Oh, il bel sorriso.
Caro incanto d'amor, che fa beato
anche in mezzo al dolor!.. Ma che? Spergiura!
Al mio rivale a lato!
No, non mi fuggirai...
Il mio pugnal dov'è?... Morrai, morrai.
(in atto di vibrar colpi, poi rimanendo immobile)
KAIDAMÀ
(uscendo gli chiudono la porta dietro)
Vado, vado. Stia fermo col frustino.
È un gran brutto destino
quel non comandar mai!
CARDENIO
(da sé desolato)
Fuggi!
KAIDAMÀ
Coraggio.
Cielo, allontana il matto…Eh! tocca a me.
Un pugno, poi, cos'è?... Che imbroglio è questo?
(inciampando nel bastone; lo raccoglie; indi lo bacia,
lo brandisce, e lo ruota in atto di menar colpi)
Bel bambucchetto! A tempo ti ritrovo.
Sei piovuto dal cielo! Finalmente
il matto non è un uomo? E un uom non sono?
Se mi scarica un pugno, io lo bastono.
(accorgendosi di Cardenio, gitta il bastone e
ca de in ginocchio)
Misericordia!
CARDENIO
Anima mia!
(stendendo le braccia amorose)
KAIDAMÀ
Stia fermo.
Giù, giù con quelle mani.
Son scherzi da villani.
CARDENIO
Oh, quanto! Oh, quanto
io smaniavo per te! Sentiami attratto
da un arcano potere...
KAIDAMÀ
Io niente affatto.
CARDENIO
Perché tremi?
KAIDAMÀ
E un'usanza
che non posso lasciar.
CARDENIO
Mio ben!
KAIDAMÀ
Mio male!
CARDENIO
Fior di vera beltà!
KAIDAMÀ
Ma io son Kaidamà.
CARDENIO
Povero moro!
KAIDAMÀ
Ma povero davvero!
CARDENIO
Hai fame?
KAIDAMÀ
E come!
CARDENIO
Senti: un'alma pietosa entro quel cespo
mi provvede ogni dì. Mangiamo insieme.
(corre nel cespo, cava il paniere e le provvisioni,
e siedono l'uno contro l'altro a cavallo alla panca)
KAIDAMÀ
(Complimenti indigesti!)
CARDENIO
Ma dimmi: non sapesti
mai, mai nuove di lei!
KAIDAMÀ
Matto mio caro...
CARDENIO
Non chiamarmi così.
KAIDAMÀ
Savio mio bello!
Davver nulla ne so.
CARDENIO
Vedi: una volta
noi pranzavamo insiem dietro un boschetto.
KAIDAMÀ
Si mangia bene al fresco.
CARDENIO
Noi stavamo così: l'un contro l'altro.
KAIDAMÀ
(mangiando il pollo)
Bellissimo tablò!
CARDENIO
Colei
KAIDAMÀ
Mangiava
CARDENIO
No.
KAIDAMÀ
Mangio io.
CARDENIO
Taceva, e mi guardava.
Dei begli occhi i lampi ardenti
rispondeano agli occhi miei,
rinnovando i giuramenti
che il bel labbro articolò.
La sua man la mia stringea
qui su i palpiti del core...
Mano iniqua, ingiusta rea!
La mia morte poi segnò.
(improvvisamente scagliando la mano di
Kaidamà sulla panca)
KAIDAMÀ
Mano mia, che avevi fatto
da soffrir sì gran dolore?
Ma del matto fu più matto
chi la man gli consegnò.
CARDENIO
La conosci?
KAIDAMÀ
No.
CARDENIO
Tu menti.
KAIDAMÀ
Anzi sì: siamo amiconi.
CARDENIO
Ecco il reo, che ai tradimenti
il mio bene trascinò.
KAIDAMÀ
Ma vi pare!
CARDENIO
Ed or dov'è?
KAIDAMÀ
Stava là; ma poi sparì.
CARDENIO
Qualche volta pensa a me?
KAIDAMÀ
Sì, no, sì, no, no, sì, sì.
CARDENIO
Il rimorso la cangiò?
Qualche volta piangerà.
KAIDAMÀ
Sì, signore, la cangiò.
Se ne ha voglia, piangerà.
Cardenio improvvisamente passa dallo sdegno alla
preghiera con le mani protese, implorando pietà da
Kaidamà.
CARDENIO
Dunque mangiar non vuoi?
Cotanto ingrata sei!
KAIDAMÀ
Ma va pe' fatti tuoi;
ch'io vo pe' fatti miei.
CARDENIO
Ma un pezzo di biscotto,
idolo mio! ...
KAIDAMÀ
No, no.
(Io tanto gonfio e abbotto,
che or ora schiatterò)
CARDENIO
Barbara!... Io piango!
KAIDAMÀ
Eh! via.
Non pianger più: mangiamo.
CARDENIO
Mangiar!.. Chi!.. Tu?
KAIDAMÀ
Ci siamo!
Il tempo si cangiò.
CARDENIO
Deciditi: la voglio.
KAIDAMÀ
E chi ce l'ha?
CARDENIO
Rendila.
KAIDAMÀ
Che ho da rendere? Si sa?
CARDENIO
Era il sorriso de' giorni miei:
da lei diviso tutto perdei.
Un'alma ardita me l'ha rapita;
ma fin nell'Erebo la troverò.
Rendimi, rendimi l'anima mia,
vedi ch'io spasimo di gelosia.
Più di contento non ho un momento,
e in tanto strazio viver non so.
KAIDAMÀ
Ah! ne vuol troppo la stella mia!
Lasciami in pace, matto! va via.
Non so se in testa ho più la testa.
Eh! via, finiscila che far non so.
Son paralitico per lo spavento.
Ma pure a correre farei col vento.
Ad eclissarmi vorrei provarmi.
Trecento miglia scappando andrò.
Cardenio afferra una pietra, e cerca lanciarla
contro Kaidamà.
Scena ottava
Bartolomeo esce dalla capanna; alla sua vista Cardenio
gitta la pietra, e corre su per la rupe; e Kaidamà,
profittando del momento, con un salto corre nella capanna.
BARTOLOMEO
Quale strepito è questo? Intendo, intendo:
or non mi fuggirai.
Tornato è il ciel sereno;
ti rinverrò delle tue rupi in seno.
(corre per la via percorsa da Cardenio)
Scena nona
A vele spiegate si avanza un vascello da cui sbarcano
molti marinai spagnuoli; e quindi Fernando, che si pone
subito a percorrere la scena esaminando la rupe.
CORO
Ecco alfin l’onde tranquille
al soffiar d'aure seconde.
Delle Antille sulle sponde
fra i perigli si volò.
Se verace corse il grido
questo è il lido, il monte è quello
dove il misero fratello
da una perfida ingannato,
delle selve fra l'orrore
ramingando disperato,
il suo sdegno, il suo dolore,
le sue lagrime celò.
FERNANDO
Sì, questo è il lido. Oh, mio Cardenio!
Oh, mio sospirato germano,
io qui ti rivedrò? La mesta madre
fra i caldi, impazienti
palpiti del desir conta i momenti;
e qui del mio germano,
io stesso andrò sull'orme. Il cielo arrida
alla speme d'un cor che in lui confida.
Al mio desir s'oppose
tutto il furor de' venti;
ma quindi a' miei tormenti
l'ira del ciel calmò.
Dio di bontà, confortami
d'una speranza almeno!
Dammi, ch'io possa stringerlo
meno infelice al seno:
dammi, ch'io possa renderlo
pietoso al mio desir;
che d'una madre il gemere,
possa per lui finir.
CORO
Il ciel vorrà sorridere clemente al tuo desir.
I marinai tornano a bordo del vascello.
FERNANDO
Ma chi scorta mi fia fra queste rupi?
Mi sorride fortuna. Da quel moro
saprò il miglior cammino.
Scena decima
Kaidamà dalla capanna e detti.
KAIDAMÀ
Maledetto frustino!
Quel tuo zig zag ora obbedir mi fa,
precisamente contro volontà.
FERNAND
O Negro?
KAIDAMÀ
Bianco?
FERNANDO
Sai dirmi ove mai sia...
KAIDAMÀ
Bartolomeo Nargelos mio padrone...
FERNANDO
Non lo conosco.
KAIDAMÀ
Non m'importa.
FERNANDO
Io cerco
un povero infelice.
Che là fra quelle balze
disperato s'aggira, e mentecatto.
KAIDAMÀ
Lo spacciator dei pugni? ... Insomma il matto?
Che? Gli sei amico?
FERNANDO
Oh! molto!
Suo fratello son io. Le sue sciagure
io divido con lui; dai mali suoi
anch'io mi sento oppresso.
KAIDAMÀ
Dai suoi mali?... Alla larga? Con permesso.
FERNANDO
Perché fuggi?
KAIDAMÀ
Non soffri i mali suoi?
Or dunque è cosa certa
ch'hai dei pugni anche tu la zecca aperta.
FERNANDO
Eccoti un pugno d'oro.
(dandogli delle monete)
KAIDAMÀ
Ah! questi pugni
mi vanno proprio al core.
Sono con voi, signore,
ma in caso difendetemi.
Io vo alla fattoria
e nell'andar v'insegnerò la via.
Salgono uniti la rupe.
Interno d'una gran capanna abitata da Bartolomeo, alla
destra degli attori porta, da cui in lontananza si scorge il
mare, e parte d'un bosco. Una corda che pende vicina
alla porta a destra accenna una campana destinata a
convocare i contadini della fattoria. In fondo a sinistra
porta che mette all'interno d'altra capanna. Rozze sedie.
La volta della capanna è sostenuta da un gran tronco
d'albero ritto nel mezzo.
Scena undicesima
Dalla porta a sinistra Marcella conducendo per mano
Eleonora vestita da contadina, indi dalla porta a destra
i contadini.
ELEONORA
Che il sorriso mio primiero
a brillar ritorni in me,
non lo credo, non lo spero,
più innocente il cor non è.
MARCELLA
Per vederti il col sereno
il mio sangue verserei.
ELEONORA
Non mi stringi più al tuo seno
se ti svelo i falli miei.
Traditrice, ingannatrice...
MARCELLA
Già men rea ti fa quel pianto.
ELEONORA
Ma non sai che geme intanto
una vittima per me?
Sappi.
MARCELLA
Narra.
CORO
Via, sgombrate:
(accorrendo dalla porta a destra)
affrettate altrove il piè.
Il padron qua vien col matto:
(sottovoce a Marcella tirandola in disparte)
lo scorgemmo da lontano,
ci fea cenno con la mano
di venirvi ad avvisar.
(partono)
MARCELLA
Più segreta i casi tuoi vieni, o cara, a palesar.
MARCELLA e ELEONORA
(Un arcano sentimento
di terrore, di contento,
non so come vien quest'anima
improvviso ad agitar!
Questa gioia, questo palpito
io vorrei... non so spiegar)
Entrando a sinistra.
Scena dodicesima
Bartolomeo precede Cardenio ch'entra sospettoso, ma calmato.
CARDENIO
(arrestandosi sulla soglia)
Dove mi traggi?
BARTOLOMEO
Il voglio.
(traendolo con dolce violenza)
CARDENIO
Non mi tradir.
BARTOLOMEO
T'avanza:
m'è sacro il tuo cordoglio.
CARDENIO
Qual nutri tu speranza?
BARTOLOMEO
Saper d'un cor che geme
il duol segreto...
CARDENIO
Ah! mai!
BARTOLOMEO
Mescere il pianto insieme.
CARDENIO
Con me tu piangerai?
BARTOLOMEO
Sì, teco io piangerò.
CARDENIO
A ché mi sforzi!
BARTOLOMEO
Abbracciami.
CARDENIO
Il velo io squarcerò.
Storia saprai di lagrime.
BARTOLOMEO
Narrala, il pianto frena.
CARDENIO
Vive un german più giovane;
m'è patria Cartagena.
Ricco, onorato, provvido
il padre commerciante.
Studiò de' figli l'indole,
fu d'educarci amante.
Nacqui poeta, e fervido
l'estro bolliami e il cor.
Di portoghese vergine
visto il fatal sorriso...
BARTOLOMEO
Segui.
CARDENIO
Le fibre m'arsero,
parmi da me diviso.
Figlia adorata ed unica,
pari a me d'anni e stato,
d'amor rispose ai palpiti
col guardo innamorato;
e i genitor sorrisero
allo svelato amor.
Ma l'oceano istabile
con l’onde irate e rotte
vascel di merci carico
dote, e speranze inghiotte.
Al fondo in cui precipita
dà un guardo il padre, e more;
ella mendica ed orfana
da me non spera amore.
BARTOLOMEO
E il padre vostro?
CARDENIO
Ferreo,
d'amarla allor vietò.
BARTOLOMEO
E voi?
CARDENIO
Lo sprezzo.
BARTOLOMEO
Incauto!
CARDENIO
D'amor furente e cieco
sposo la bella, e rapido
lungi con me la reco:
vecchia parente accolsela.
Al mar m'affido; provo
fausto il destin; ma cenere
il padre mio ritrovo,
che il suo paterno fulmine,
morendo a me scagliò.
BARTOLOMEO
Sventura orrenda!
CARDENIO
Ascoltami,
il tuo terror sospendi.
Scena tredicesima
Eleonora ritenuta da Marcella
rimanendo nel fondo, e sceneggiando secondo la diversità
degli affetti da cui è commossa, e detti.
ELEONORA
È la sua voce.
CARDENIO
Il barbaro
fin de' miei casi intendi.
Tutto rapito aveami,
tradiami nel mistero:
seguito avea la perfida
un seduttore.
ELEONORA
E vero!
MARCELLA
Voi forse...
ELEONORA
Io son.
MARCELLA
Celatevi.
ELEONORA
Non merito pietà.
BARTOLOMEO
Calmatevi
in sen dell'amistà.
CARDENIO
(balzando in piedi)
Seguo i suoi passi... oh, rabbia!
col reo la trovo. Allora
tento svenarlo. Involasi.
Su lei... L'amavo ancora!
BARTOLOMEO
Ed ella?
CARDENIO
Oh, strazio! Insultami.
Con un sorriso amaro
mi sprezza. Un mar di lagrime
questi occhi miei versaro!
Scena quattordicesima
Fernando con Kaidamà dalla porta esterna, e detti.
FERNANDO
Ma qui sperarne indizio...
KAIDAMÀ
Zitto, che il matto è là.
CARDENIO
Deliro: un vivo incendio
circola nelle vene.
ELEONORA, MARCELLA, FERNANDO e BARTOLOMEO
Ahi, misero!
CARDENIO
Frenetico,
oppresso da catene,
chiamavo ognor la perfida,
il mio fratel chiamavo.
Sciolto, fuggivo; inospito
deserto ricercavo.
Lungi così da femmine
qui vivo, e qui morrò.
FERNANDO
No, di quest'alma i palpiti
frenare io più non so.
(trattenuto da Kaidamà)
Voglio al mio petto stringerlo;
a lui mostrarmi io vo'.
KAIDAMÀ
(a Fernando)
Che il capo non vi stritoli
io garanzia non fo.
ELEONORA
(a Marcella che la trattiene)
Che a lui men voli, ah! lasciami:
pianger, spirare io vo'.
No, non sarò più misera
se a' piedi suoi morrò.
MARCELLA
(ad Eleonora)
Restate ancor. Frenatevi.
Non è ancor tempo, no.
BARTOLOMEO
Amico! Al sen stringetemi;
tutto per voi farò.
Figlio! Le vostre lagrime
pietoso io tergerò.
CARDENIO
Risparmia quelle lagrime,
il pianto tuo non vo'.
Io solo devo piangere:
me il fato fulminò.
BARTOLOMEO
Fra spechi, rupi e selve
deh! più non gite errando.
CARDENIO
Gli uomini a me son belve.
FERNANDO
Anche il fratel?
CARDENIO
Fernando!
Tu qui?... Tu meco! Oh gioia!
FERNANDO e CARDENIO
(abbracciandosi)
Oh, sospirato amplesso!
MARCELLA, KAIDAMÀ e BARTOLOMEO
Oh, vista!
FERNANDO e CARDENIO
Al petto stringimi.
CARDENIO
Odiar più non so adesso.
Eleonora improvvisamente sciogliendosi dalle braccia di
Marcella e gettandosi ai piedi di Cardenio in un pianto
dirotto.
ELEONORA
Odiar non puoi?
CARDENIO
Che!
ELEONORA
In lagrime...
CARDENIO
Stelle!
ELEONORA
Al tuo piede io sono.
FERNANDO
Eleonora!
CARDENIO
Lasciami.
(quasi commosso dopo averla guardata alla sfuggita)
ELEONORA
La morte, o il tuo perdono.
CARDENIO
Non ti conosco.
ELEONORA
Uccidimi.
L'onor ti renda ardito.
CARDENIO
Perfidi tutti!
(cominciando ad esser preso da un tremito convulso)
MARCELLA, BARTOLOMEO e FERNANDO
Ascoltala.
CARDENIO
Tremate. Io fui tradito.
Ov'è un pugnal?
Scena quindicesima
Kaidamà spaventato corre al cordone della campana,
suona a distesa, ed al suono accorrono i coloni.
KAIDAMÀ
Legatelo.
CORO
Fermo!
CARDENIO
Sgombrate il passo.
ELEONORA
Io ti oltraggiai: ti vendica.
CARDENIO
A tanto io non m'abbasso.
Sento il furor risorgere.
ELEONORA
Io non ti lascio.
CARDENIO
Va'.
Donna iniqua! E non rammenti
le tue frodi, i giuramenti?
Non ti bastan per trofei
Le mie smanie? I pianti miei?
Sfidi il vento, varchi il mare
per venirmi a tormentare,
per straziarmi, lacerarmi
lentamente a brani il cor!
Ah! fuggite! Mi lasciate!
Involatevi! Tremate.
Odio tutti, odio me stesso;
fin del sole io sento orror!
Lungi, lungi dal tuo sesso,
sesso infido, ingannator.
ELEONORA
Nel mio sguardo mezzo spento
mira espresso il pentimento.
Non fuggirmi; ne morrei.
Cedi, cedi a' pianti miei.
Ho varcato tanto mare
per venirti a ritrovare,
per svelarti, per mostrarti
come spasima il mio cor.
Ah! che fugga non lasciate!
D'una misera tremate:
dal tuo sprezzo il core oppresso
non desia che il tuo furor.
(a Cardenio)
M'apri il seno, e leggi in esso,
ch'io per te morrò d'amor.
FERNANDO
In quel volto, in quell'accento
non ravvisi il pentimento?
(a Cardenio)
No, lasciarla tu non déi.
Ah! ti calma ai prieghi miei.
Se varcato ha tanto mare
per venirti a ritrovare,
per parlarti, per placarti,
no, non mente il suo dolor.
Ah! che fugga, non lasciate:
o salvarlo disperate.
Non vedete? Ha in fronte espresso
il delirio del furor.
Ah! mi manca il core oppresso,
già presago di terror.
KAIDAMÀ
Ah! fuggir, scappar lo fate;
(ora a Bartolomeo ora a Marcella, ora ai coloni)
se vi coglie, singhiozzate.
Delle furie nell'eccesso
d'una vipera è peggior.
De' suoi pugni il segno impresso
serberà quattr'anni ancor.
MARCELLA, BARTOLOMEO e CORO
(a Cardenio circondandolo)
Ah! tremar, gelar ci fate;
arrestatevi, ascoltate.
Vi commova quell'eccesso
di rimorso e di dolor.
Ah! non ode! Ha in volto impresso
il tumulto del suo cor.
Cardenio atterra alcuni coloni che gli si attraversano;
s'invola seguito da Fernando; ed intanto Eleonora,
gittando un grido altissimo, cade svenuta in braccio di
Marcella.
ATTO SECONDO
Spiaggia di mare.
Scena prima
Kaidamà nel mezzo venendo dalla rupe, indi parte dei Coloni
che giunge dal bosco, e parte dal di dietro delle capanne.
CORO I
Là non v'è.
CORO II
Neppur qui.
KAIDAMÀ
Dove sta?
CORO I
Ci fuggì.
CORO II
S'involò.
KAIDAMÀ
Svaporò.
CORO I
Ma il padron che dirà?
CORO II
Che dirà?
KAIDAMÀ
Che dirà?... Che farà già lo so.
Col frustino si sfoga su me,
col frustino che ha tanta virtù,
che fa l'ali spuntare al mio piè.
Col ziff-zaff e di sotto e di su.
KAIDAMÀ e CORO
Tutto intorno torniamo a cercar.
A guardare, a spiare, a scoprir!
Sventurato! Se casca nel mar
lo può l'onda per sempre inghiottir!
Ci dia lena pietoso un pensier:
la pietà con gli oppressi è un dover.
CORO I
Più non tardiam.
KAIDAMÀ
Andiam.
TUTTI
Voliam.
(vanno lungo il mare, e si perdono di vista)
Scena seconda
Cardenio nel massimo furore, scendendo
precipitosamente dalla rupe.
CARDENIO
Lasciatemi! Lasciatemi!... Crudeli!
Ah! v'ho delusi! Era pur l'empia!... Il cenno
avea sul labbro, di mia morte il cenno...
Sì, si, morrò. Si appagheran quell'ire.
Ma vo' pria vendicarmi e poi morire.
Qual fragore!... Ah! son dessi? Ove m'ascondo.
(correndo verso la capanna)
Scena terza
Voce di Eleonora dentro la capanna; indi
Eleonora ritenuta da Marcella e detto.
ELEONORA
(di dentro)
Ah, per pietà! Vo' rivederlo.
CARDENIO
(indietreggiando convulso)
É questa,
questa la voce sua. Voce tiranna,
che detesto ed adoro!
T'apri, o terra, e m'ascondi... Io manco, io moro!
(gli mancano le forze nel fuggire e cade)
MARCELLA
Ma il padre mio...
ELEONORA
Ma il mio dover... L'offesi
ingrata, ingiusta, infida;
mi perdoni pietoso, o qui mi uccida.
MARCELLA
Deh! m'odi almen...
ELEONORA
Lo voglio... eccolo... Ah!
(scorgendo Cardenio caduto e gittando un grido)
MARCELLA
Amica, che vedeste?
ELEONORA
Eccolo là.
(si divincola, si scioglie, e corre a prostrarsi
presso Cardenio)
.MARCELLA
Sola, che far poss'io?
Cercherò suo fratello, e il padre mio.
(corre nella selva)
Scena quarta
Eleonora e Cardenio.
ELEONORA
La mia vittima è qui! Cardenio! Oh, in quale
stato feral di morte! Ah! se sapessi
che a te prostrato accanto,
te il carnefice tuo bagna di pianto!
(alzandosi)
CARDENIO
Verrò.
ELEONORA
Cardenio!
CARDENIO
Sì: già l'ora estrema,
l'invocata ora estrema omai già piomba.
Si: ti riabbraccierò dentro la tomba.
ELEONORA
Ah! che mai dice?
CARDENIO
Il padre
t'uccisi è ver, ma vendicarlo io voglio.
ELEONORA
Che farò? S'ei mi scorge
s'addoppia il suo furor.
CARDENIO
Misero! E dove
trascino il passo incerto?...
Oscuro, ampio deserto,
immenso, immenso s'apre a me d'intorno.
(avanzandosi brancolando)
È per me spento il giorno; e brancolando
fra questa muta oscurità non sento
moversi, palpitar alcun oggetto,
fuor che l'empio dolor che cresce in petto!
ELEONORA
Morir mi sento!
CARDENIO
E in mezzo
a questo cupo orror, guida pietosa
chi scorterà fra l'ombre i passi miei?
ELEONORA
Io...
CARDENIO
Tu?
ELEONORA
Si.
CARDENIO
Tu? Dove sei tu? ... Chi sei?
ELEONORA
Un'infelice.
CARDENIO
No: solo infelice
sulla terra son io... Che! taci?... fuggi?
Fuggono tutti la sventura! Tutti!
ELEONORA
No, non ti lascio più: solo la morte
dividerci potrà. Parla: m'è legge,
m'è sacro il tuo voler.
CARDENIO
Voce soave
come mi parli al cor! Dolcezza ignota
mi scende per le vene,
e quasi scordo un secolo di pene!
ELEONORA
Se mi leggessi in cor, tu d'un'indegna
sentiresti pietà.
CARDENIO
Pietà! T'inganni.
Terribili, tiranni
sono gli affetti miei.
Non ho per me pietà, per te l'avrei?
Ma dimmi: esser mia guida
come puoi tu fra questa
profonda ombra funesta?
ELEONORA
Splende a mezzo del ciel limpido il sole...
CARDENIO
Splende?... E no 'l veggo!
Ah! dunque avaro il fato
tutto mi tolse! Della vista il dono
anche or m'invola.
ELEONORA
M'odi.
CARDENIO
Ah! cieco io sono!
ELEONORA
Apri il ciglio.
CARDENIO
Ah! invan!
ELEONORA
Non vedi?
CARDENIO
Tutto è notte e cupa e scura.
ELEONORA
Ei delira.
CARDENIO
La sventura
fin la luce m'involò!
Ah! dal dì che per l'infida
pace e speme, oh Dio! perdei,
come adesso gli occhi miei
cieco il cor già in me restò.
Ma tu piangi?
ELEONORA
Oh, come!
CARDENIO
Ah! sorgi.
ELEONORA
Al tuo piè convien ch'io mora.
CARDENIO
Che pretendi?
ELEONORA
Eleonora
non invan qui ti trovò.
Dai rimorsi in cor straziata,
se pentita al piè ti cade,
forse un raggio di pietade,
forse invan da te sperò?
CARDENIO
Ah! pian pian diradan l'ombre.
S'apre il ciglio ai rai del giorno.
Cara luce, io ti ritorno
finalmente a vagheggiar!
ELEONORA
Se non nieghi ai pianti suoi
di perdono un solo accento,
la speranza ed il contento
al tuo piè la fan spirar!
CARDENIO
Parla... perché quel pianto?
Che vuoi?
ELEONORA
Perdón!
CARDENIO
Perdóno?
ELEONORA
Ho il cor per doglia infranto.
CARDENIO
E tu saresti?
(mostrando di ricordarsi a poco a poco le sue
sembianze)
ELEONORA
Io... sono...
Io sono...
CARDENIO
Ah! taci... aspetta:
lontana rimembranza
d'un'empia, ma diletta,
mi torna la sembianza!
ELEONORA
(tendendogli le mani supplichevole)
Cardenio!
CARDENIO
Che?
ELEONORA
Cardenio!
CARDENIO
T'appressa... ancor t'appressa:
(facendola avvicinare, e dividendole i capelli
sulla fronte)
Eleonora!... è dessa!
ELEONORA
Sì, dessa; ma cangiata,
pentita, disperata.
CARDENIO
E m'ami ancor?
ELEONORA
S'io t'ami?
Più vivo amor non brami,
più amore il cor non sente;
come la fiamma è ardente,
immenso è come il mar.
CARDENIO
Vola al mio seno, stringimi,
e più non mi lasciar.
CARDENIO ed ELEONORA
Rapito in un'estasi
delira il mio core
fra care delizie,
fra sogni d'amore!
Lo sdegno sfidiamo
degli astri tiranni,
uniti scordiamo
le pene, gli affanni.
Per te voglio vivere,
morire con te.
Lasciarti è impossibile;
sei nato/nata per me.
(tenendosi per mano in piena tranquillità si avvicinano
verso la capanna; improvvisamente Cardenio staccandosi
da Eleonora colto da un nuovo pensiero)
CARDENIO
Tu al fianco mio?... Tradirmi,
sì! tu mediti ancora.
Mori.
(afferrando un bastone)
ELEONORA
Aita!
Scena quinta
Fernando dalla rupe, Marcella dalla spiaggia con
qualche colono.
FERNANDO
Fratel!
MARCELLA
Fermati.
CARDENIO
Mora.
(Cardenio disarmato da Fernando corre sulla rupe,
e si getta in mare. Fernando gitta le vesti, e lo
imita gridando)
FERNANDO
Cardenio!... Fratel mio!...
A salvarti, o perir, pronto son io.
Intanto Marcella ha condotto Eleonora nella capanna
assistita dai coloni.
Scena sesta
Bartolomeo e Kaidamà.
BARTOLOMEO
Dove? Dove sarà? Tutta la selva
ho invan percorsa. L'aguzzin dei negri,
che ho trovato per via,
neppure l'incontrò. Basta; il fratello,
i contadin lo cercano, qualcuno
ritrovato l'avrà.
Kaidamà!... Kaidamà!... Le mie pistole
devo spedire in fretta
fino alla fattoria.
Kaidamà!...
KAIDAMÀ
Son qua.
(correndo)
BARTOLOMEO
Mandarti via
devo all'istante.
KAIDAMÀ
Ch'io respiri almeno!
Lascia che prima parli: e sentirai
cose grandi, padron, ma grandi assai!
Bisogna dir che il matto avesse caldo:
pattatùnfete, in mar gittossi giù;
e appena cadde non si vide più.
BARTOLOMEO
Oh, sventura! Oh, sventura!
KAIDAMÀ
Aspetta, aspetta:
il fratel... che brav'uomo!
Si spoglia e salta in mar. Fra me pensavo
chi s'è visto, s'è visto. Ecco vicino
quasi alla fattoria
aprendosi una via
sopra il mar galleggiando
s'affaccia don Fernando. Con la manca
il fratello stringea,
con la destra rompea
a gran fatica, a gran fatica l'onda,
e col matto così giunse alla sponda.
BARTOLOMEO
Ma, Eleonora?
KAIDAMÀ
In mare
non la vidi cascar. Starà là dentro.
BARTOLOMEO
Andiam. Voglio vederla.
Scena settima
Coro di coloni dalla spiaggia accorrendo. Bartolomeo
e Kaidamà dal bosco; poi Fernando dalla spiaggia.
CORO
Allegri! Allegri!
KAIDAMÀ
Udiamo!
CORO
Più da temer non v'è.
Il matto tornò in sé.
In braccio al suo germano
parve sereno in viso;
parlò tranquillo, umano:
e un placido sorriso
sul labbro suo brillò.
BARTOLOMEO
Non vi saria pericolo
che vi sognaste?
FERNANDO
No.
La ragion che avea perduta
ricovrò quell'infelice.
Con piacer a voi lo dice
un fratel che ognor l'amò.
Magli è spina al cor acuta
sol colui che l'ingannò.
CORO
Vi consoli, o buon signore,
il saperlo alfin guarito;
e colui che l'ha tradito
forse pena al mal trovò.
FERNANDO
Tremar dovrà l'indegno
dell'ira mia feroce.
Vendetta orrenda atroce
sul capo suo già sta.
Ei sol, ei sol fia segno
al foco ond'ardo in core;
del suo destin l'orrore
non ei fuggir potrà.
CORO
Dal ciel quel traditore
punito alfin sarà.
I coloni si sperdono mentre Fernando e Kaidamà
entrano nella capanna.
Scena ottava
Bartolomeo solo.
BARTOLOMEO
Sarà: ci spero poco, un qualche ramo
sempre ci resta. Veglierò... Per Bacco!
Dell'aguzzin de' negri mi scordavo
che vuol le sue pistole! Kaidamà,
volerà, tornerà. La fattoria
è un po' lontana, è ver; ma l'aguzzino
ha gran bisogno delle sue pistole
e Kaidamà sa correr quando vuole.
(entra in fretta nella capanna)
Scena nona
Cardenio senza barba, e con abiti decenti, e cappello,
lentamente avanzandosi dalla spiaggia. Incomincia la sera.
CARDENIO
Qui pianse al pianto mio! Qui la rividi
più bella nel dolor... Pietà mi vinse...
tutto scordai; mi strinse
lacrimando la mano...
Tentai fuggir... malo tentavo invano.
Ah! l'amo ancor... Io l'amo?
Ed or?... Dir non saprei che cerco e bramo!
Fuggir... Fuggir... Fratello mio! T'affretta,
fuggiamo. E trar potrei
da lei lungi i miei dì? Morrò con lei.
(siede sopra un sasso, quasi incontro alla capanna,
concentrato in dolce melanconia)
Scena decima
Kaidamà dalla capanna con due pistole e detto.
KAIDAMÀ
Non è soverchieria?
Fino alla fattoria
con due pistole cariche, e di notte?
E se, per caso... vanno via le botte,
io fra quest'ombra scura
prudentemente moro di paura.
CARDENIO
(da se)
Di pistole parlò! Potrei...
KAIDAMÀ
Coraggio!..
Sì... Coraggio le zucche! Io nei cimenti
soffro ognor di podagra, e appena appena
so camminare a passo di formiche.
Fame e paura in me son cose antiche.
CARDENIO
(da sé alzandosi)
Ho risoluto.
KAIDAMÀ
E adesso che rifletto:
trovar potrei Cardenio, e non m'affretto?
Chi sa? Povero lui! Spesso il periglio
fa cangiare in leopardo anche il coniglio.
Sarà quel che sarà:
lascio la botta al primo: chi va là?
Dopo m'arrolo al reggimento,
e per correr più presto
ogni mio piede ha un'ala...
(mentre sta così da sé parlando a voce alta per farsi coraggio
s'è fatto vicinissimo a Cardenio,onde ascoltandone la voce,
e voltandosi si trovano faccia a faccia)
CARDENIO
Negro, m'ascolta.
KAIDAMÀ
Il quondam matto in gala!
(rimanendo come una statua)
CARDENIO
Perché tremi?
KAIDAMÀ
Io! no: ti pare?
CARDENIO
Son cangiato.
KAIDAMÀ
Me l'han detto.
(Ma peraltro ci scommetto
non sia tutta verità)
CARDENIO
Una grazia da te voglio.
KAIDAMÀ
Una grazia!
CARDENIO
Non negarla.
KAIDAMÀ
Eh!... vedrò.
CARDENIO
L'accordi?
KAIDAMÀ
Parla;
ma due miglia almen più in là.
CARDENIO
Fu l'orror dei tradimenti
(con dolcezza, sempre avvicinandosi
a Kaidamà che cerca stargli lontano)
ch'ecclissò la mia ragione;
assordai piangendo i venti
nella mia disperazione;
parvi forse fra le smanie
pieno il cor di crudeltà;
mi perdona... ah! no: non crederlo:
ero degno di pietà.
KAIDAMÀ
Caro mio, se ti rammenti,
non ti ho troppa obbligazione.
Mane e sera i complimenti
mi facevi col bastone.
Le mie spalle lo ricordano;
ma il mio cor lo scorderà.
Si fa scuro... addio... ma lasciami:
tutta avrai la mia pietà.
(mentre Kaidamà vuol partire viene per un braccio
arrestato da Cardenio che vuol vedere, girandogli intorno,
ciò che tiene in mano; e gelosamente nasconde)
CARDENIO
Aspetta.
KAIDAMÀ
Vado in fretta.
CARDENIO
Che tíeni?
KAIDAMÀ
(Ecco l'imbroglio!)
Inezie.
CARDENIO
Veder voglio;
(forzandolo a mostrarle e volendo prendergliele)
mostrale.
KAIDAMÀ
Lasciale star.
Sono due belve índomite
che, quando vanno in collera,
sconquassano, fracassano
e fanno in aria andar.
CARDENIO
(ridendo serio)
Ah! ah!
KAIDAMÀ
(Brutta risata!
Battiam la ritirata)
CARDENIO
Cedile.
KAIDAMÀ
No.
CARDENIO
Mi servono.
KAIDAMÀ
(volendo gridare)
Padron... Bartolomeo...
CARDENIO
(avendogli toltele pistole, e guardando severo)
Zitto.
KAIDAMÀ
(volendo correre alla capanna)
Padron...
CARDENIO
Impiétrati.
KAIDAMÀ
Son mutolo. Non parto.
(Ah! gli è tornato il quarto!)
CARDENIO
(lodandolo perché sta muto e immobile)
Bravo!
KAIDAMÀ
Oh!
CARDENIO
Superbe.
(esaminando le pistole, e volgendone le bocche)
KAIDAMÀ
Ohimè!
CARDENIO
Se giuri a me silenzio:
temer non devi e va'.
Ma basta anche una sillaba...
KAIDAMÀ
Grazie alla sua bontà.
CARDENIO
Sì: decisi, e seco spento
dileguar vedrò gli affanni;
affrettar saprò il momento
d'involarla dagl'inganni,
la crudel che m'innamora
più tradirmi non potrà.
Ah! nell'urna amarla ancora
cener freddo il cor dovrà.
KAIDAMÀ
Gamba mia, se mi vuoi bene
di mostrarlo ecco il momento.
Ora vincer ti conviene
il pensiero, il lampo, il vento.
Abbi sempre, galoppando,
leggerezza, agilità.
Gamba mia, mi raccomando:
non tradirmi per pietà.
Scena undicesima
Cardenio accompagna Kaidamà, che corre via fino
alla selva, ed assicuratosi che è partito torna indietro
lentamente, mentre esce Eleonora dalla capanna,
immersa in dolorosi pensieri, appresso a Fernando.
FERNANDO
Fratel! La mira, e a quelle
lagrime di dolor non esser cieco.
Ti parli la pietà.
CARDENIO
Lasciami seco.
(Fernando parte, Eleonora, s'inginocchia)
Perché?
ELEONORA
Perché son rea, perché pentita,
se perdón non ottengo, odio la vita.
Il seduttor crudele
del carnefice in man lasciò coi giorni
tutti i delitti suoi. Mi scossi, e vidi
le mie colpe, e ne piansi. A Cartagena
mossi in traccia di te.
CARDENIO
(facendola sorgere)
Di me!
ELEONORA
Bramai,
perdonata, i miei di chiudere in cupo
ignorato recesso, e là nel pianto
far che morisse a poco a poco il core
fra il dolor tardo ed il risorto amore.
Qua la tempesta mi balzò. Ti vidi,
ebbi orrore di me. Tu parti, io voglio
il tuo perdóno, e qui scontar desio,
ove errasti furente, il fallo mio.
CARDENIO
(Non vacillarmi, o cor!) M'odi: non posso
viver senza di te; con te no'l devo.
Involiamoci entrambi
a sì strano soffrir.
ELEONORA
Come?
CARDENIO
(cava le due pistole)
Di queste
una tu prendi... Per l'estrema volta
abbi un addio col mio perdóno in terra.
Quando la man ti stringo
sparerò, sparerai.
ELEONORA
Tua fra l'ombre sarò, tu mio sarai.
(prende una delle pistole)
A me.
CARDENIO
Coraggio.
ELEONORA
Questo è il voto mio: Cardenio!
CARDENIO
Eleonora!
ELEONORA e CARDENIO
A morte... addio.
Scena ultima
Fernando, Bartolomeo, accorrendo dalla capanna con alcuni
coloni, con faci. Si scorge Eleonora che tiene la pistola rivolta
al proprio petto; indi si avvicina il vascello, e ne smontano
i marinari con faci accese.
FERNANDO e Bartolomeo
(disarmandoli a forza)
Ah! fermate, fermate!
CARDENIO
E perché volta
tieni l'arma al tuo sen?
ELEONORA
Perché degg'io
sola espiar, morendo, il fallo mio.
(facendo dei sforzi per riavere la pistola)
Lasciatemi morir. Ei mi perdona;
chi più lieta di me?
CARDENIO
No: vivi, vivi.
M'ami, me'l prova assai
quel deciso voler. Sì: pago io sono.
Abbi col mio perdóno
tutto, tutto il primier tenero amore.
ELEONORA
Amici! a tanta gioia è poco un core!
Nel piacer di questo di
è confuso, oppresso il cor.
Se il destino ancor ci unì
fu per opra dell'amor.
Ogni duol scordar potrò
su quel sen che mi piagò.
GLI ALTRI
Sempre, sempre in sen d'amore
scorreran tranquille l'ore
nel pensier di questo istante
sempre esulti il vostro cor.
ELEONORA
Sì amabile speranza
di gioia inonda l'alma.
Ah! l'amorosa calma
in te ritrova il cor.
Lo sento ai moti insoliti
già rimbalzarmi in petto;
vicino al caro oggetto,
vita riprende amor.
FINE
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